Ucciso a Monreale: il fratello scrive a Mattarella

Lo sfogo del 33enne: "Lo Stato assente, nessuna parola o gesto"

PALERMO – Marco Pirozzo, fratello di una delle tre vittime della strage di Monreale, si rivolge in una lettera al Capo dello Stato Sergio Mattarella, ma anche alla premier Giorgia Meloni. “Da siciliano, da uomo delle Istituzioni, da fratello: so che lei conosce bene il dolore di una perdita brutale e ingiusta, perché anche suo fratello è stato assassinato in modo vile. Le chiedo, con il massimo rispetto, di farsi portavoce del nostro appello e di aiutare a trovare soluzioni concrete, per onorare tutte le vittime di queste violenze insensate”. Nella lettera indirizzata al Capo dello Stato e alla premier, Pirozzo, 33 anni, scrive: “Oltre al dolore, sento un’amarezza profonda: l’assenza di vicinanza da parte delle massime autorità dello Stato. Nessuna parola, nessun gesto, nessuna attenzione da chi dovrebbe rappresentare e tutelare ogni cittadino. Come se questa tragedia fosse qualcosa di ordinario. Come se mio fratello e gli altri due ragazzi uccisi non contassero nulla”.

Nella sparatoria di Monreale, lo scorso 27 aprile, sono morti Massimo Pirozzo di 26 anni, Andrea Miceli anche lui 26 anni e Salvatore Turdo, 23 anni. Due i fermati, accusati di strage: Salvatore Calvaruso, 18 anni, e Samuel Acquisto di 19, entrambi del quartiere Zen di Palermo. “Mio fratello Massimo è stato barbaramente ucciso insieme a due amici, nel corso di una strage assurda e ingiustificabile. Era lì, nel posto sbagliato, nel momento sbagliato, con la sua compagna, i suoi amici e ai figli di quest’ultimi. Lui, che di quella violenza non era in alcun modo responsabile – lo sfogo di Marco Pirozzo -. Il vuoto lasciato da mio fratello è devastante, per me, per la mia famiglia, per chi gli voleva bene. È un dolore che non si colma, una ferita che non si rimargina”.

Rivolgendosi a Mattarella e Meloni, Marco Pirozzo aggiunge: “Vi chiedo a nome della mia famiglia, delle famiglie delle altre vittime e di tutti gli italiani onesti, di intervenire con urgenza. Le leggi e le pene oggi in vigore non sono più sufficienti a fronteggiare questa deriva. Il mondo è cambiato e lo Stato deve adeguarsi con risposte forti, decise, concrete. Non possiamo permettere che altri genitori, fratelli o sorelle vivano l’atroce sofferenza che stiamo vivendo noi. Mio fratello era un giovane uomo che voleva solo godersi una serata serena con le persone che amava. Poteva essere chiunque. Poteva essere vostro figlio”. A rendere nota la lettera e a inviarla via pec alle massime cariche istituzionali è stato il deputato regionale Ismaele La Vardera, che ha incontrato Massimo Pirozzo dopo aver ricevuto una sua mail.

Per Pirozzo, sono “inaccettabili” le dichiarazioni dell’avvocato di Salvatore Calvaruso, uno dei due ragazzi fermati con l’accusa di strage: “Ha affermato che non vi fosse alcuna intenzione violenta e ha descritto Palermo come una città che, purtroppo, ‘è così’, dove la diffusione di armi clandestine sarebbe una realtà ordinaria”. Il ragazzo lo scrive nella lettera indirizzata al Capo dello Stato e alla premier. “Ma se oggi consideriamo normale che i nostri giovani vengano ammazzati per strada da persone che impugnano una pistola con leggerezza, allora significa che la guerra ce l’abbiamo già in casa – sostiene Pirozzo -. È nei nostri quartieri, nelle periferie abbandonate, nei silenzi dello Stato. Eppure sembriamo preoccuparci più dei conflitti lontani, delle guerre fuori dai nostri confini, dimenticando quella quotidiana che colpisce i nostri cittadini più fragili. La guerra che si combatte ogni giorno, in silenzio, senza eserciti ma con vittime vere. Chiediamo che le nostre strade diventino sicure, assediate dalle forze dell’ordine e anche dall’esercito”.

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